Da quattro secoli il suo giorno è il 30 agosto, quando si festeggia Santa Rosa. La Santa a cui è intitolato il Conservatorio di Santa Rosa da Lima, fondato a Conca dei Marini nel 1681 e sede di un monastero di religiose domenicane fino agli inizi del secolo scorso.

 

SANTAROSA 02Fu dopo aver cucinato il pranzo che una delle religiose impegnate in cucina, essendo avanzata della semola, pensò di aggiungerci del latte, dello zucchero e frutta secca con un po’ di liquore al limone, ricavandone un ripieno cremoso. Lo racchiuse tra due strati di una pasta frolla composta da comune pasta di pane, arricchita da sugna, zucchero e vino. A quel nuovo pasticcino diede la forma del cappuccio di un monaco e poi lo cosse nel forno a legna. Quando fu cotto, lo guarnì con crema e amarene candite. Alle consorelle la novità risultò molto gradita e così in seguito ne prepararono altri, per farli provare alle famiglie di Conca e dei dintorni. La fama di quel dolce si diffuse velocemente ed essendo nato tra le mura del convento di Santa Rosa, lo chiamarono con quel nome. E siccome la santa era festeggiata il 30 agosto, in quella data, ogni anno, si preparava il dolce  “Santa Rosa”. 

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Ancora oggi, in quella giornata, si tiene a Conca dei Marini una sagra dedicata all’apprezzatissimo dolce, ormai tra le tipicità della pasticceria campana. Nel frattempo la ricetta è un po’ cambiata e il composto è attualmente formato da semolino, ricotta, canditi, uova, cannella e zucchero. Per l’involucro si usa una pasta lavorata a lungo, fatta con acqua, farina e sale. E non può mancare la guarnizione di crema e amarene sciroppate. 

Se in Costiera e nel Salernitano si è affinata nel tempo la ricetta rimasta per secoli patrimonio segreto del convento di Conca, a Napoli ne è derivato il dolce più famoso della città: la sfogliatella riccia. Il merito della nuova versione è del pasticciere Pasquale Pintauro, che ai primi dell’Ottocento modificò la ricetta originale ottenuta forse da una zia monaca. Alla “riccia” si aggiunse poi la “frolla”: lo stesso ripieno racchiuso, nel primo caso, nella classica sacca dalla  forma di cappuccio di monaco composta da strati sottilissimi di sfoglia e, nel secondo, tra due dischi di frolla. Entrambe figlie golose dell’antica  “Santa Rosa”. 

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