L’amenità del luogo ha influenzato la più diffusa etimologia del toponimo, derivato dalle Sirene, che avrebbero vissuto proprio nel tratto di mare antistante il promontorio di Sorrento, da dove avrebbero più facilmente attirato i viaggiatori.

Più probabile però, la derivazione di Surrenton,  termine già utilizzato da Strabone, dal verbo greco «concorrere», con riferimento all’abbondanza di acque e fiumi della zona. In una regione popolata già nel Neolitico, Sorrento vanterebbe infatti origini greche e fu conquistata in seguito da Liparo, figlio del re Ausone, che qui volle essere sepolto dopo averla a lungo governata. Sottoposta al dominio di Siracusa (V secolo a.C.), la cittadina passò quindi dapprima ai Sanniti e poi ai Romani. In epoca imperiale, innalzata al rango di municipio, cominciò ad essere apprezzata come luogo privilegiato di villeggiatura, favorita dal clima mite e dall’estrema fertilità del territorio. Iniziò così una vera fioritura di ville, sorte lungo la costa soprattutto durante le età di Cesare e di Augusto.

In onore del Patrono

Nel centro storico mantiene ben visibile la sua struttura romana, tra cardini, decumani e affioramenti di vestigia antiche, quali le colonne dei templi riutilizzate nella costruzione di chiese, come quella del patrono della città, Sant’Antonino (è la trasformazione di un oratorio del Trecento) con un portale laterale del secolo XI, ma già nel secolo IX esisteva un luogo di culto dedicato al santo. Fu concessa nel 1606 ai Padri Teatini e venne riedificata con le forme tuttora esistenti. Ha una pianta a croce latina a tre navate e una cripta dove si conserva la statua argentea del santo, oltre a molti «ex voto» di ispirazione marinara. Le tele di Giacomo del Po descrivono la peste del 1656 e l’assedio del 1648.

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Di grande suggestione è pure il Chiostro di San Francesco annesso alla chiesa omonima. Fu eretta nel 1500 e poi completamente rifatta dopo il terremoto del 1688, infine trasformata con l’attuale faccia in marmo bianco nel 1926, in coincidenza con il settimo anniversario della morte di San Francesco. Il chiostro, davvero bello, ha un doppio ordine di stili del tardo Trecento: sui capitelli c’è l’emblema delle famiglie Sersale e Nobilione. Ospita eventi culturali di grande rilievo, in estate.

Dieci secoli di arte e storia nella Cattedrale

Stupefacente sintesi di stili e affascinante sovrapposizione di epoche, il Duomo con il complesso del vescovado che lo affianca è un’altra tappa imperdibile nel centro storico di Sorrento.  Cattedrale Sorrento

In origine, prima dell’XI secolo, la chiesa madre era collocata vicino al cimitero, fuori dalle mura cittadine. All’interno delle quali, invece, fu traslata nel corso del X secolo, temporaneamente allocata nella chiesa dei Santi Felice e Bacolo. poi dedicata ai Santi Severo e Renato. Nel frattempo, nel sito di un antico tempio greco, si dava inizio alla fabbrica della nuova cattedrale, che si concluse intorno all’XI secolo. Più certa è la data della sua consacrazione all’Assunta e ai Santi Filippo e Giacomo il Minore, avvenuta il 16 marzo 1113 da parte del cardinale Riccardo de Albano. 

Interno cattedrale sorrentoEra solo l’inizio di una lunga serie di trasformazioni. Un primo ampliamento fu realizzato nel 1450, un altro seguì nel1505. Solo tre anni più tardi, la Cattedrale subì danni ingentissimi in occasione del memorabile attacco dei Turchi che mise Sorrento a ferro e fuoco. Nel Settecento la chiesa fu riedificata e adeguata al gusto barocco ormai imperante.  

 MG 0966Perciò dell’antica facciata, nel nuovo impianto neogotico del 1924, resta solo l’ingresso centrale del XIV secolo, dominato da due colonne di marmo rosa provenienti da templi pagani e abbellito con gli stemmi cinquecenteschi dell’arcivescovo Lello Brancaccio. Una lapide ricorda il poeta Torquato Tasso. Nel tamburo d’ingresso, l’arte dell’intarsio ligneo tipica della città ha riprodotto nel Novecento i momenti salienti della storia sorrentina: la visita di San Pietro nel 43/44 d.C.; l’omaggio a san Renato, secondo la leggenda vescovo nel V secolo; l’arrivo nel 1110 delle reliquie dei Santi Filippo e Giacomo e la visita di Pio IX nel 1849. Ė del 1901 il magnifico organo con intagli dei fratelli Fiorentino.

A croce latina, divisa in tre navate, separate da quattordici pilastri, la chiesa presenta il soffitto centrale decorato con dipinti su tela del 1711 di Francesco Francareccio e di Oronzo e Nicola Malinconico, raffiguranti i primi martiri sorrentini del II secolo e i compatroni della Diocesi. I dipinti sul soffitto del presbiterio, invece, sono di Giacomo del Po, dedicati all’Assunta e ai Santi titolari della chiesa. A loro è ispirata anche la pala seicentesca sulla parete di fondo del presbiterio, mentre il coro ligneo finemente intarsiato è del 1936. Dei primi del Nocevento sono gli affreschi di Pietro Barone e Augusto Moriani sugli otto spicchi della cupola. La cattedra episcopale è formata da pezzi di spoglio da templi pagani e da parti cinquecentesche. Il pulpito presenta un bassorilievo del Battesimo di Gesù con una tavola di Silvestro Buono del 1573.

campanile cattedrale sorrentoDi grande valore, nella prima cappella a destra, sono i bassorilievi di Andrea Pisano del 1340. Al centro si trova fonte battesimale in cui fu battezzato Torquato Tasso. Sulle pareti sono esposti reperti marmorei della prima cattedrale del X secolo. La quarta cappella, poi, è dedicata ai primi quattro vescovi santi, con reliquie che si intravedono attraverso una grata sotto l’altarino marmoreo. Di rilievo è anche una tavola a fondo d’oro del XV secolo di scuola senese, raffigurante la Nascita di Gesù, nella cappella di san Michele a destra del transetto.

Altre opere di grande pregio sono il Cristo in croce del XV secolo su un trono di legno scolpito del XVII secolo nel cappellone del Santissimo Sacramento e gli stucchi seicenteschi nella Cappella della Riconciliazione, che conserva un raro pavimento di maiolica.

La cappella a sinistra del transetto accoglie una statua lignea settecentesca di Sant’Antonino. L’altare seicentesco e di marmi policromi.

Nella sagrestia sono custoditi preziosi antifonari in pergamena del XV secolo, paramenti e paliotti d’altare di varie epoche. C’è anche una Trasfigurazione del Signore con ritratto del committente, l’arcidiacono Giovanni Ammone del 1573, donatore del pulpito.

Nell’ultima cappella nella navata di sinistra, è esposto un pregevole presepe napoletano del 1700.

Di fianco alla cattedrale sorgono il palazzo vescovile del Cinquecento e il caratteristico campanile coevo, che reca alla base dei reperti marmorei romani e un’epigrafe longobarda, mentre furono aggiunti nel Settecento i due piani superiori con l’orologio di maiolica.

Sguardo sulla storia

Per approfondire il passato di Sorrento, si deve visitare il Museo Correale di Terranova, un armonioso edificio del Settecento, che accoglie le collezioni d’arte donate da Alfredo e Pompeo Correale, conti di Terranova, ultimi discendenti di un’antica famiglia sorrentina. Da non perdere.

SORRENTO VALLONE MULINI 1236Per conoscere più a fondo la città, invece, bisogna muoversi tra più livelli, classici in Costiera: quello sul mare e quello interno, elevato. Dal pittoresco borgo di pescatori, animato da bar, botteghe e ristoranti di Marina Grande con la sua antica Porta Greca (fino al XV secolo è stata probabilmente l’unico accesso dalle vie del mare) al porto di Marina Piccola, con la Chiesa di Santa Maria del Soccorso che compare in tutte le stampe. Poi si risale ai nuclei storici.

Per le strade del centro storico

Va ricordato che Sorrento ha una particolare topografia condizionata dalla posizione dell’abitato su un blocco di tufo ripido. Per molto tempo il mare e i burroni hanno delimitato l’antica città. Un esempio lo si ha affacciandosi, da Piazza Tasso, sul Vallone dei Mulini, un canyon ricoperto di vegetazione di macchia che delimita un fianco della città e da cui si scorgono i resti dei vecchi mulini da cui prende il nome. Come si è detto la città era attraversata da decumani che conservano tuttora la loro peculiarità: quello più alto e antico di via Pietà e l’altro di via San Cesareo. Il primo di fatto corrisponde al decumano superiore romano, che poi – nel 1861 – fu modificato in Corso Italia, quando fu ammodernata la struttura urbanistica. Poi, c’è un susseguirsi, in via Pietà, di abitazioni nobiliari settecentesche come Palazzo Correale con il portale tipico «a corona» e abitato dalla famiglia fino al 1597; e Palazzo Veniero, che è una significativa testimonianza di gusto tardo bizantino e arabo del secolo XIII. In via San Cesareo ci sono i resti del Sedile Dominova: una loggia del XV secolo con una cupola maiolicata che protegge uno dei due «sedili» (l’altro è il sedile di Porta) in cui la nobiltà sorrentina era divisa. Qui si riuniva per decidere le sorti della città. I sedili erano edifici di forma quadrangolare con ampi ingressi laterali e questa è l’unica testimonianza rimasta in Campania.

I bagni della Regina Giovanna

Nel rapido tour di Sorrento bisogna includere una passeggiata cruciale al Capo di Sorrento. Sulla sua estrema punta, subito dopo la piscina-grotta dei mitici Bagni della Regina Giovanna, ci sono i resti della Villa di Pollio Felice, di cui scriveva Papinio Stazio.

SORRENTO Bagni Regina Giovanna 1767

Era divisa in domus e villa al mare, aveva molte stanze, terrazze, approdi e cisterne. Il corpo principale si sviluppava sulle rocce del lido della Carcarella. Una villa in costruzione ardita, quasi a pelo d’acqua, esposta a sud-ovest con un panorama, da ogni ambiente, a dir poco meraviglioso. Il ninfeo di due stanze con sulle pareti tratti di opus reticulatum è ancora visibile nella grotta della Regina Giovanna, un posto singolare e leggendario, una sorta di piscina naturale a forma triangolare a cui, da terra, si accede attraverso dei ripidi scalini che dall’alto scendono verso l’acqua, mentre da mare si può accedere con una barca a remi. Al centro, lo scoglio conserva altri resti romani che collegano tutto l’impianto alla villa di Pollio. Per gli studiosi la piscina non aveva un uso balneare, ma una destinazione a vivaio di pesci pregiati. Per quanto riguarda il nome della Regina Giovanna, la favola evoca di questa donna che dopo ogni notte d’amore buttasse nel baratro della grotta marina l’amante di turno. Sulla reale identità della Regina non si hanno notizie, forse si tratta di due personaggi sovrapposti nel tempo di cui a Napoli si raccontano le vicende.