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Tra le varie eruzioni flegree ricostruite solo grazie alla ricerca geologica, una è stata raccontata e documentata in tutti i suoi momenti e le sue manifestazioni da appassionati cronisti, che non vollero perdere l’occasione per verificare direttamente un così particolare e spettacolare evento naturale.
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Gli antichi la identificavano come uno dei teatri delle Gigantomachie tra gli dei dell’Olimpo e i giganti figli di Gea. In quella terra “flegra”, ardente, gli elementi si manifestavano al massimo della loro forza distruttrice e creatrice, alternando a periodi di improvvisa inquietudine altrettante fasi di armonia e bellezza prodighe di doni per gli uomini.
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Con i suoi 331 metri è il rilievo vulcanico più alto dei Campi Flegrei e per questa sua particolarità i Greci lo definirono “maestoso”, Gauro appunto. Formatosi diecimila anni fa, s’innalza proprio dietro la città di Pozzuoli ed è conosciuto anche come Monte Barbaro, dal nome della sua cima più alta, posta a sud.
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Il più famoso vulcano flegreo meta prediletta del Grand Tour
Alti getti di fango bollente, vapori sulfurei, fratture delle rocce, vene di acqua minerale, suolo in costante movimento.
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Con i suoi quatttromila anni, dopo Monte Nuovo, è il più giovane dei trenta vulcani della caldera del Campi Flegrei. Sebbene situato in parte nell’area di Napoli, il cratere degli Astroni, dal punto di vista amministrativo, ricade interamente nel territorio di Pozzuoli, mentre dal punto di vista geologico rientra nel complesso vulcanico di Agnano.
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Un tempo, c’era lì una torre di avvistamento che, per segnalare agli abitanti dell’entroterra l’approssimarsi delle navi saracene alla costa, usava segnali di fumo. Dell’antica struttura non restano tracce, ma della sua esistenza continua ad essere testimone il nome del luogo: Torrefumo.
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Oltre alle varie specie di uccelli che vi si fermavano durante le lunghe migrazioni, le folaghe popolavano stabilmente, sempre numerose, la vasta area umida costiera.