Ha fatto parte del repertorio dei più grandi tenori del Novecento, tra i maggiori successi mondiali della canzone napoletana.
Torna a Surriento è un classico immortale, che nei decenni è stato capace di conquistare anche idoli dei giovani come Elvis Presley e Bono degli U2, superando le barriere generazionali.
Merito della melodia e del testo, ma complice anche una storia decisamente particolare per una canzone. Composta nel 1894 da Ernesto De Curtis su parole del fratello Giambattista, l’ispirazione arrivò ad Eugenio dal canto di un usignolo ascoltato mentre soggiornava presso l’Hotel Tramontano a Sorrento. Passarono diversi anni prima che fosse eseguita, nel 1902, per un’occasione speciale: la visita in città del presidente del Consiglio Zanardelli, che scese nello stesso albergo, di proprietà dell’allora sindaco. Fu quest’ultimo a rendere noto di aver sollecitato la composizione di una canzone per dedicarla all’illustre ospite, con l’intento di ricordargli la promessa di dotare Sorrento della rete fognaria e dell’ufficio postale. E così i De Curtis adattarono quel brano che tenevano nel cassetto da otto anni. E che da allora cominciò il suo fortunato percorso di hit mondiale. Tradotta nelle principali lingue straniere, compresa la Surrender firmata Elvis.
Tra i grandi tenori che hanno reso celeberrima Torna a Surriento c’è stato anche Enrico Caruso, che proprio nel 1902 incise i primi dischi con brani d’opera della storia. Di Sorrento Caruso fu ospite negli ultimi mesi della sua breve ma intensissima vita. Già molto malato, appena operato a un polmone, si trasferì a Sorrento all’inizio del 1921, ospite dell’Hotel Excelsior Vittoria, dove fu visitato anche dal medico santo Giuseppe Moscati. Caruso vi rimase per diversi mesi, tornando a Napoli solo poco prima della morte, che lo colse il 2 agosto 1921.
Nella stanza d’albergo occupata dal famoso tenore che conservava ancora il pianoforte da lui suonato, 65 anni dopo alloggiò Lucio Dalla, che si era dovuto fermare a Sorrento a causa di un’avaria dell’imbarcazione con cui era diretto a Capri. In quella circostanza, il cantautore bolognese venne a conoscenza del soggiorno di Caruso e di come in quei mesi di malattia si fosse invaghito di una giovane a cui dava lezioni di canto. Quella storia, insieme alla forza evocativa della stanza e del mare che vi si ammirava, ispirarono a Dalla un altro capolavoro della musica mondiale, Caruso, pubblicato nel 1986 nell’album DallAmeriCaruso. E, tra le tante versioni, la più celebre è quella del 1992 del duetto tra Dalla e un degno erede di Caruso: Luciano Pavarotti.
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