Proprio per la presenza di rinomate acque termali utilizzate a scopo terapeutico, fin dal Medio Evo nelle vicinanze del Lucrino era sorto l’abitato di Tripergole, sviluppatosi soprattutto in epoca angioina. Lì Carlo II d’Angiò aveva fatto costruire un ospedale, oltre a una residenza reale per la caccia. E nel tempo il villaggio si era ingrandito. Ma l’eruzione non lo aveva risparmiato e dovette prenderne atto anche il vicerè don Pedro di Toledo, accorso nei Campi Flegrei per rendersi conto degli accadimenti. Non fu l’unico. Approfittando della ridotta attività nei giorni seguenti all’eruzione, diversi visitatori si avventurarono vicino al vulcano. Fu per questo che, quando il 6 ottobre all’improvviso si verificò una nuova violenta emissione di materiali, si contarono diverse vittime. E da Napoli partì allora una processione con la reliquia del capo di San Gennaro per fermare i fenomeni. Finalmente, nei giorni seguenti la zona del nuovo cratere si acquietò.
A distanza di cinque secoli, il monte Nuovo, conta due caldere, la più piccola delle quali accoglie dal 1930 una pineta. Nella parte più ombrosa della caldera maggiore cresce una rigogliosa lecceta, mentre l’intero monte è coperto di vegetazione, perlopiù macchia mediterranea. Un’oasi naturale che, oggi, è meta ideale di escursioni per appassionati di trekking.
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