Gli antichi la identificavano come uno dei teatri delle Gigantomachie tra gli dei dell’Olimpo e i giganti figli di Gea. In quella terra “flegra”, ardente, gli elementi si manifestavano al massimo della loro forza distruttrice e creatrice, alternando a periodi di improvvisa inquietudine altrettante fasi di armonia e bellezza prodighe di doni per gli uomini.
Così, i Campi Flegrei, l’unico super vulcano attivo d’Europa, sono diventati la terra del mito, celebrata da poeti e artisti di ogni epoca fin dall’antichità. Destinazione fascinosa e ispiratrice, tra il Sette e l’Ottocento, per generazioni di giovani viaggiatori europei, che vi si spingevano in esplorazione a dorso di mulo tra antichi crateri, fumarole attive, acque termali, vestigia greche e romane, boschi lussureggianti e terreni fertili, produttori di ottimi frutti.

Circa quaranta vulcani e un numero imprecisato di edifici vulcanici minori. Una enorme caldera in quiescenza vasta una quindicina di chilometri di diametro, che si estende dal Monte di Procida a nord alle colline dei Camaldoli e di Posillipo a sud, inglobando golfi, insenature e laghi. Tutto modellato dagli elementi nel corso di una complessa storia geologica iniziata oltre 40mila anni fa, nella quale la scienza identifica tre diverse fasi principali.

Il Primo Periodo Flegreo copre l’arco temporale tra 42000 e 35000 anni fa. Fu 39000 anni fa che avvenne l’eruzione del cosiddetto tufo grigio campano a cui il vulcanologo Rittman collegò la nascita dell’Archiflegreo, un gigantesco vulcano che diffuse ignimbrite in gran parte della Campania. Fu allora che si formarono la collina dei Camaldoli, la dorsale settentrionale e occidentale del Monte di Cuma e le pareti costiere di Monte di Procida. 

Il Secondo Periodo Flegreo si protrasse per oltre 25000 anni, precisamente da 35000 a 10500 anni fa e fu segnato, circa 15000 anni fa, dalla grande eruzione cosiddetta del tufo giallo campano, provocata da un grande vulcano sottomarino. Il tufo giallo, utilizzato come materiale da costruzione fin dall’epoca greca, è presente nelle colline di Posillipo e Camaldoli, nella dorsale nord di Quarto, nei monti di San Severino e Licola, sul Monte di Cuma e Monte di Procida. All’interno del cratere s’innalza il Monte Gauro.

Il Terzo Periodo Flegreo, iniziato circa 8000 anni fa, si è protratto fino all’ultima eruzione del 1538. In questa fase si formarono quasi tutti i vulcani flegrei all’interno della grande caldera del Secondo Periodo. Ė la pozzolana bianca a caratterizzare le aree vulcaniche di Bacoli, Baia, Pozzuoli, Agnano, Montagna Spaccata, il lago d’Averno e il Monte Nuovo, frutto dell’ultima eruzione arrivata dopo oltre tremila anni di Quiescenza. Proprio il lago d’Averno è l’unico di origine vulcanica dei Campi Flegrei, mentre gli altri tre, tutti costieri – LucrinoFusaro Miseno - si sono formati per sbarramento. 

Oltre alle fumarole, alle emissioni gassose e alle sorgenti termominerali, tipici fenomeni di vulcanesimo secondario, i Campi Flegrei sono soggetti periodicamente a bradisismo ascendente, quando il suolo s’innalza sotto la pressione del magma sotterraneo, o discendente, quando il suolo tende ad abbassarsi. Nella città di Pozzuoli, dove il cosiddetto tempio di Serapide dimostra la storicità del fenomeno, tra il 1970/72 si verificò un innalzamento nell’area portuale di 170 centimetri; dieci anni dopo, tra il 1982/84, le banchine si alzarono di ben tre metri, poi dall’84 iniziò la fase discendente, protrattasi fino al 2005. In seguito, il suolo ha ripreso lentamente a salire.