Le gallerie d’arte, alcune di chiara fama; i laboratori d’arte contemporanea e di pittura; le botteghe artigiane, tra personaggi eclettici e luoghi visionari: ecco dove si possono fare incontri divertenti e acquisti interessanti. Non mancano i decoratori (a mano) su vetro, i ceramisti, i maestri del legno che sanno liberare la fantasia in un modo accattivante. Ma è sul versante enogastronomico che i Campi offrono variazioni di successo sul tema, per invitare all’acquisto di un qualcosa che è molto più di un ricordo di viaggio. Se c’è chi si dedica alla produzione di liquori d’erbe o marmellate, rivolgendosi a una clientela prevalentemente turistica, è soprattutto nel settore del vino la varietà dei prodotti (non solo per gli specialisti, ma anche per nasi e palati «normali») che c’è l’imbarazzo della scelta. Andare per cantine è infatti un’esperienza affascinante, nel cuore della DOC Campi Flegrei che si riassume nella storia essenziale di due vitigni, la falanghina e il piedirosso, che sono coltivati in contesti paesaggistici davvero speciali. Anche in questo caso si entra a contatto con una storia millenaria, perché gli intellettuali romani, da Catone a Columella, già descrivevano con grande chiarezza le peculiarità organolettiche dei vini del territorio. Bottiglie firmate da aziende che hanno trovato ottimi mercati non solo in Italia ma anche all’estero, che sanno esprimere una precisa identità millenaria. Basti pensare alla falanghina che deve il suo nome alla «falange», cioè al palo di sostegno intorno al quale avviene il progressivo lo sviluppo della vite: è la caratteristica della viticoltura flegrea con il sistema di allevamento a «spalatrone».
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