Uno dei grandi protagonisti dell’archeologia del Novecento, che diede un impulso decisivo alla conoscenza della storia antica della Campania. Amedeo Maiuri era nato a Veroli il 7 gennaio 1886 e, dopo gli studi classici, si era laureato in Lettere, per poi trasferirsi a Napoli come ispettore presso il Museo Archeologico Nazionale.
Direttore del museo archeologico di Rodi e responsabile degli scavi nel Dodecanneso, rimase lontano dall’Italia per undici anni, per rientrare nel 1924 come sovrintendente alle Antichità di Napoli e del Mezzogiorno e come direttore del Museo Archeologico di Napoli. Ruoli che durante la Seconda Guerra Mondiale gli permisero di adoperarsi per mettere al sicuro i reperti a rischio e per salvare Pompei dalle bombe che cadevano su Napoli e dintorni.
Benchè avesse ricoperto incarichi di primo piano durante il fascismo, per i suoi indiscussi meriti scientifici Maiuri mantenne la sua posizione anche dopo la guerra, quando poté dedicarsi sia alla tutela dei siti e beni archeologici che alla loro esplorazione.
Accademico dei Lincei, Maiuri lavorò soprattutto nell’area flegrea, a Pompei e a Capri, a cui era molto legato. Fu lui a scavare l’antica Cuma, a individuare l’antro della Sibilla, ad avviare lo scavo a Baia con le prime introspezioni nel sito archeologico sommerso. E a cercare a Liternum la villa e la tomba di Scipione l’Africano.
Fu lui a riportare alla luce l’antica Ercolano e a riprendere l’esplorazione di Pompei, oltre a iniziare i restauri delle domus e a dotare il sito delle strutture e dei servizi funzionali alla fruizione del pubblico. A Capri, si dedicò ad approfondire la ricerca nelle aree di Villa Jovis e del Palazzo a Mare. Maiuri morì a Napoli il 7 aprile 1963.
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