Il patrono dell’isola d’Ischia e compatrono della città di Napoli, nacque con il nome di Carlo Gaetano Calosirto nel borgo di Ischia Ponte il 15 agosto 1654. Figlio di una nobile famiglia residente sul Castello, compì gli studi classici presso gli Agostiniani.
A sedici anni decise di unirsi ai francescani scalzi di San Pietro d’Alcantara e si trasferì a Napoli, presso il convento di Santa Lucia al Monte. Lì fece il noviziato e cambiò il suo nome di battesimo, adottando quello di Giovan Giuseppe della Croce. Nel 1671 fu inviato con altri frati a Piedimonte d’Alife vicino Caserta, nel santuario di Santa Maria Occorrevole sul monte Muto, nel massiccio del Matese. E lì Giovan Giuseppe, che era il più giovane tra i frati, si diede da fare per costruire un convento annesso al santuario. Il 18 settembre 1677 fu ordinato sacerdote nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Piedimonte. Poi, divenuto guardiano della piccola comunità, realizzò nella tranquillità del bosco un conventino, la Solitudine, dove si ritirava spesso in preghiera e che è oggi meta di pellegrinaggi. Nel frattempo, guidava anche il noviziato a Napoli e si occupava di edificare il nuovo convento del Granatello vicino Portici. Sempre più stimato riferimento per i confratelli, Giovan Giuseppe svolse un prezioso ruolo nel gestire la difficile fase della separazione nell’universo alcantarino tra i frati italiani e gli spagnoli. E il frate ischitano, che praticava una vita di totale povertà e imponeva non poche privazioni al suo corpo, non smetteva di esortare i fratelli a essere più in armonia con la Regola francescana. Fu chiamato poi a dirigere i monasteri della città di Napoli e della dicoesi di Aversa. Nella sua straordinaria umiltà fu direttore spirituale delle personalità più in vista della città e anche di futuri santi, come Alfonso Maria de’ Liguori, Maria Francesca delle Cinque Piaghe e Francesco De Geronimo. A lui furono attribuiti ancora in vita diversi miracoli e gli erano riconosciuti i doni della bilocazione, della profezia e della levitazione. Ebbe anche visioni della Madonna e del Bambino. Nel 1722 il Papa decretò la riunificazione degli alcantarini e così anche per gli italiani si riaprirono le porte del convento napoletano di Santa Lucia al Monte, dove tornò anche Giovan Giuseppe. Il frate vi trascorse gli ultimi dodici anni della sua vita terrena, già considerato in odor di santità dai suoi contemporanei per il rigore con cui praticava l’esempio di San Francesco. Amato in tutta Napoli, si faceva notare per il saio liso, che non aveva mai cambiato e che gli valse la definizione di frate cento pezze. Morì a Santa Lucia al Monte il 5 marzo (giorno della sua ricorrenza) 1734. Venerato dai napoletani che lo nominarono compatrono nel 1790, fu beatificato dal papa Pio VI il 24 maggio 1789 e canonizzato il 26 maggio 1839 dal papa Gregorio XVI. Le sue spoglie, custodite nel convento di Santa Lucia al Monte, furono traslate nel settembre 2003 sull’isola natia, dove riposano nella Chiesa di Sant’Antonio alla Mandra. Il Santuario a lui dedicato è nella Chiesa dello Spirito Santo nel borgo di Ischia Ponte.
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