Ghiande, castagne e noci non mancano in terra sannita, come la crusca il mais. E, di conseguenza, neppure i maiali, quello nero in particolare.
Se ne fanno prodotti tipici come la soppressata, il capocollo, la salsiccia del Sannio. A Castelpoto, nella valle Caudina alle pendici del Taburno, la salsiccia è rossa perché alla carne suina con lardo e pancetta si aggiunge nel corso della lavorazione il peperoncino macinato. Anche quello è un prodotto locale: i “papauli” più piccoli sono essiccati all’aperto, poi tostati nel forno a legna e poi macinati e aggiunti alla carne con aglio, finocchietto selvatico e sale. Le salsicce rosse presidio Slow Food possono essere dolci o piccanti e si possono gustare cotte o preferibilmente a fette, sul pane casereccio o sul pane cunzat di Castelpoto, fatto con ciccioli e uva passa.
L’aria di montagna, il clima a 830 metri di altitudine e una lavorazione affinata nei secoli nelle sue varie fasi sono il “segreto” del prosciutto di Pietraroja, rinomato già nel Settecento. Oltre alla qualità delle carni e all’accurata stagionatura, a fare la differenza è la lenta essiccazione naturale nella frescura delle cantine del paese sul monte Mutria e una leggera affumicatura con la legna dei boschi vicini.
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