Da sempre è la tappa obbligata del lungo viaggio di primavera.
Stormi di uccelli delle più varie specie scendono sul monte che guarda il mare per riprendere le forze, prima di affrontare l’ultima parte della migrazione verso nord. Per secoli, quel passaggio aveva coinciso con la stagione della caccia, a Capri. Le reti stese tra le rovine del Castello Barbarossa, ad Anacapri, assicuravano la cattura di migliaia di esemplari, che venivano esportati in mezza Europa, assicurando la sussistenza dei capresi. Ma quando il medico svedese Axel Munthe iniziò il recupero della sua Villa San Michele, affascinato da quel rito della natura, al fine di preservarlo, si propose di acquistare il monte.
Ci riuscì solo nel 1899, dopo aver cercato di allontanare gli uccelli negli anni precedenti sparando colpi dissuasori con un vecchio cannoncino inglese. Nella donazione allo Stato svedese della sua proprietà a Capri, nel 1948, Munthe comprese anche il Monte Barbarossa, poi gestito dalla Fondazione Axel Munthe, che fin dal 1955 avviò studi sulle rotte migratorie degli uccelli. Un’attività di ricerca e di tutela dell’avifauna selvatica che è proseguita nel tempo, creando un’oasi ornitologica di 6 ettari, sotto la tutela della Direttiva Habitat, dove operano studiosi di varie nazionalità. E oggi nell’Oasi Monte Barbarossa i volatili in transito sono catturati solo per inanellarli e seguirne gli straordinari spostamenti tra l’Europa e l’Africa.
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