Se in tutto il mondo il nome di Capri è legato alla Grotta Azzurra, tra le tappe imperdibili per ogni visitatore che vi approda, l’isola, per le sue caratteristiche geologiche, è ricca di grotte, sia lungo il perimetro costiero che nell’interno.
Un tour ideale dell’Isola Azzurra non può non tener conto anche di queste altre meraviglie della natura.
La Grotta Verde
Ci si può arrivare anche con una bella nuotata, per concedersi l’emozione di essere letteralmente avvolti dallo splendore cangiante dell’acqua di mare a cui il sole regala riflessi sempre diversi, a seconda delle ore del giorno e delle stagioni. Con una prevalenza del color smeraldo che giustifica il nome con cui è maggiormente conosciuta: Grotta Verde. Sebbene nel XVI secolo, quando fu scoperta, fosse definita anche Grotta dei Turchi. Le rocce carbonatiche, ovvero le dolomie, che la caratterizzano all’interno sono le più antiche dell’isola. Altra particolarità sono le due aperture, perché oltre a quella più larga da cui si accede via mare, ce n’è un’altra a quattro metri sotto la superficie marina.
La Grotta Rossa
A definirla sono le creature marine di colore rosso che popolano le rocce all’interno, conferendo ad esse, nelle parti che emergono dall’acqua, la particolare colorazione che l’ha resa celebre, contribuendo al suo notevole fascino. Una grotta sicuramente da visitare, la Rossa nota anche come Grotta Corallo, sul versante sud-est dell’isola, non lontano dai celeberrimi Faraglioni, simbolo di Capri nel mondo.
La Grotta Bianca
Verso Punta Massullo, l’apertura è al livello del mare, segnalata dalle rocce calcaree molto chiare, quasi bianche, da cui ha mutuato il suo nome. Ė ampia, la Grotta Bianca, che s’inoltra nel fianco dell’isola per una trentina di metri. All’interno, si distinguono due piccoli laghi collegati da un canale scavato dall’uomo, forse in epoca romana, per consentire di portarvi al riparo le barche. Più tardi, nei secoli dominati dal terrore per le continue incursioni saracene, divenne rifugio sicuro anche per gli isolani. Forse risale ad allora una sorta di scala scavata nella roccia, da cui i più arditi osano tuffarsi. Lo stillicidio di acqua dolce ha modellato nel tempo un magnifico alternarsi di stalattiti e stalagmiti. Tra queste, una in particolare, visibile dall’ingresso, ha una forma che ricorda la Madonna.
La Grotta Meravigliosa
Stalattiti e stalagmiti dal grande impatto scenografico trionfano anche in un’altra grotta, che si apre più in alto rispetto al livello del mare e al di sopra della Grotta Bianca. Un sistema di cavità costiere che affascinò i primi stranieri che le visitarono. A darle il nome di Grotta Meravigliosa, senza alcuna attinenza con le denominazioni locali, fu uno scrittore di romanzi horror, il tedesco Heinz Ewers, che soggiornò a Capri a più riprese tra il 1898 e i primi anni del Novecento, incontrandovi anche Oscar Wilde, e che non mancò di raccontare a modo suo sulle riviste teutoniche l’isola e anche quell’intrigante anfratto in cui era stato accompagnato. Ad immaginare la fruizione della grotta all’inizio del Novecento fu poi l’ingegnere e architetto napoletano Emilio Mayer progettista della famosa Via Krupp, che disegnò il piccolo molo e la scala nella roccia per salirvi. Tutte opere realizzate nel 1927.
La Grotta del Bue Marino
Mugghiano come buoi, le onde che si frangono contro la roccia quando il vento spira da tramontana. Ė questo suono forte, cupo della risacca, che ha fatto guadagnare alla grotta caprese il suo particolarissimo nome. Secondo la leggenda diffusa tra i pescatori, all’interno dell’antro era insediata anticamente una colonia di foche.
La Grotta dell’Arsenale
Si dice che sia appartenuta e sia stata frequentata dall’imperatore Tiberio. I mosaici e i reperti rinvenuti testimoniano che in epoca romana aveva accolto un ninfeo e che vi si svolgevano cerimonie sacre. Nel Medio Evo, invece, veniva utilizzata sia come deposito dai pescatori che come rifugio per la popolazione, durante le incursioni saracene.
La Grotta dell’Affummata
Abbastanza ampia con i suoi sei metri di altezza e cinque di lunghezza, i pescatori vi avevano collocato le caldaie utilizzate per le reti. Per quell’uso prolungato, le pareti interne sono rimaste affumicate.
La Grotta dei Santi
Tra le grotte capresi, questa si distingue per la particolare conformazione delle rocce, ravvisate simili a statue di santi.
La Grotta di Matermania
Era tradizione un tempo che gli sposi visitassero la grotta come rito propiziatorio per il matrimonio. Un’usanza legata a culti ancestrali, testimoniati dagli inequivocabili reperti riconducibili ad un luogo sacro dedicato al culto della dea Cibele (un altare) e al dio Mitra (un bassorilievo). Da quel ninfeo di epoca romana è scaturito il nome Matermania della grotta che si può raggiungere via terra, seguendo un percorso di grande bellezza lungo la strada per Tragara fino al belvedere e continuando poi per Pizzolungo.
La Grotta delle Felci
Tra le tante dove il mare s’incontra con la roccia, la più importante per la storia di Capri è, invece, una grotta di terra, che si apre a duecento metri d’altezza, sul versante meridionale dell’isola: la Grotta delle Felci o Grotta del Capelvenere, perché è quella la specie che cresce tutt’intorno, in uno scenario di grande valore naturalistico. A quell’antro, ampio circa 370 metri quadri, gli abitanti preistorici del territorio fecero riferimento fin dal Neolitico, frequentandolo sistematicamente, senza soluzione di continuità, fino all’Età del Ferro. In seguito, era stato di nuovo utilizzato nel XVI secolo da monaci della Certosa, come ovile per le capre, per poi essere di nuovo dimenticato. Fino alla riscoperta a fine Ottocento ad opera di Ignazio Cerio, grazie al quale la grotta nascosta dalla vegetazione doveva rivelarsi decisiva per la ricostruzione della storia umana a Capri. Senza trascurare l’importante riscontro all’identificazione del periodo, nel Pleistocene superiore, in cui quel lembo di terra si configurava già come un’isola, ormai separata dal continente. La grotta era stata un santuario fin dall’inizio della sua frequentazione, testimone di riti con offerte generose agli dei di cui sono state trovate numerose testimonianze materiali. Lo scavo avviato da Cerio nel 1885 e poi proseguito un secolo fa da Ugo Rellini e durante la Seconda Guerra Mondiale da Alberto Carlo Blanck, ha riportato alla luce vasi dipinti con incisioni, manufatti di metallo, lame di ossidiana e oggetti votivi, oltre a ossa sia umane che animali. Parte di quei reperti sono esposti presso il Centro Ignazio Cerio di Capri, ma anche al Mann e al Museo di Antropologia dell’Università di Napoli. La Grotta delle Felci è raggiungibile solo a piedi, partendo da Marina Piccola e proseguendo per via Grotta delle Felci, che, divenuta uno stretto sentiero, si inoltra nel verde fino alla cosiddetta Grotta dell’Arco, da cui si raggiunge il sito preistorico.
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