Ha dato il nome a uno spumeggiante vino rosso Doc. E’ famosa per i tessuti, anticamente frutto di una florida industria dei bachi da seta, e per la moderna produzione di costumi da bagno. Ma la storia di Gragnano da otto secoli è legata soprattutto alla farina.
Tutto cominciò alla metà del XIII secolo, in una valle incastonata tra i Monti Lattari e percorsa da un vivace torrente, il Vemotico, a poca distanza dal borgo di Gragnano, cresciuto intorno al possente castello edificato dagli Amalfitani a difesa dei confini del Ducato ed allora nel suo periodo di massimo fulgore. In quella valle, nel corso di qualche decennio, furono impiantati trenta mulini, che sfruttavano la presenza dell’acqua per il loro funzionamento e si giovavano della prossimità alla mulattiera di collegamento tra Gragnano e Castellammare di Stabia, nel cui porto sbarcava gran parte del grano lavorato nella Valle dei Mulini che poi, trasformato in farina, percorreva la stessa strada per essere esportato a Napoli.
E dai mulini di Gragnano, sempre in attività grazie ad un ingegnoso sistema di trasformazione dell’acqua in energia, venne assicurato il pane alla città sotto diverse dominazioni e anche nelle fasi più turbolente della storia del regno. Ma anche se producevano soprattutto farina di grano tenero, buona per il pane, alcuni mulini già nel ‘500 presero a lavorare il grano duro per trarne la farina adatta per i maccaroni. L’eccellenza della farina, unita al gusto particolare che l’acqua del torrente regalava all’impasto, insieme al clima favorevole alla lenta essiccazione fecero ben presto la fortuna della pasta di Gragnano. A produrla erano dei piccoli pastifici di famiglia, sempre più diffusi nel borgo circondato dai monti, dove ormai la nuova produzione stava soppiantando quella della farina per il pane e anche dei tradizionali tessuti di seta. La definitiva consacrazione alla produzione di pasta arrivò nell’800, quando iniziò una produzione su più larga scala e i laboratori familiari lasciarono il passo ai grandi pastifici aperti nel centro del paese, dove la pasta, appena prodotta dai macchinari con la trafilatura al bronzo, veniva esposta per l’essiccazione naturale. E l’Unità d’Italia segnò un’ulteriore svolta, perché ormai la pasta della cittadina dei Lattari veniva esportata non solo a Napoli, ma anche nelle città del nord. Ed era diventata tanto famosa da meritarsi, lungo la ferrovia che portava a Napoli, una stazione ferroviaria ad hoc, inaugurata alla presenza del re Umberto I e di Margherita di Savoia, la prima regina dell’Italia unita. L’energia elettrica fu un’altra conquista e segnò l’ulteriore sviluppo di quella che ormai era diventata una moderna industria, grazie alla quale Gragnano stava conoscendo un diffuso benessere e un forte incremento demografico. Le guerre mondiali, il terremoto del 1980 e la concorrenza dei grandi pastifici ridimensionarono la realtà gragnanese riducendo il numero dei pastifici e degli addetti. Un cambiamento che ha salvaguardato però la qualità della lavorazione secondo criteri artigianali e della materia prima, la farina, con il valore aggiunto dell’acqua del torrente e del clima favorevole. Così la città della pasta attrae i suoi ospiti per le eccellenze enogastronomiche, tra cui il gustoso panuozzo, per poi conquistarli con la bellezza dei paesaggi e la particolarità del suo borgo antico, che mostra i resti delle torri e delle mura del castello e che accoglie diverse chiese dal rimarchevole patrimonio storico-artistico. Imperdibile la visita alla splendente Valle dei Mulini, con i suggestivi ruderi delle antiche strutture sommersi dalla vegetazione e il pittoresco Presepe creato dagli artigiani gragnanesi.
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