Il contesto è quello di una riserva di grande pregio ambientale nell’alta valle del Sele, intorno a due monti, l’Eremita, alto 1579 metri, e il Marzano, che raggiunge i 1527 metri.

Entrambi formano un massiccio calcareo identificato come un importante corridoio naturalistico tra i Monti Picentini, protetti anch’essi da un vasto Parco regionale, e la vicina Basilicata. Proprio la conformazione di quel territorio, su alcune delle principali vie di collegamento tra Tirreno e Adriatico, lo rese ideale per la realizzazione di una rete di castelli di avvistamento e di difesa fin dall’epoca normanna. Di quel sistema era parte integrante anche il castello di Laviano, sorto in posizione strategica su un alto sperone roccioso che domina una profonda valle di rara bellezza, il Vallone delle Conche. Ad edificarlo nel XII secolo fu il conte Guglielmo, a cui Ruggero il Normanno aveva affidato Laviano appena costituito in contea.

Per secoli la fortezza svolse il suo ruolo, proteggendo il borgo che le era cresciuto accanto e il territorio circostante, ma già nel Seicento iniziò a perdere importanza, di pari passo con la progressiva diminuzione della popolazione di Laviano. Tuttavia, la lunga fase di decadenza, trasformatasi poi in abbandono, non aveva compromesso granchè il poderoso impianto della fortezza fino agli anni Settanta del Novecento. A distruggere quasi tutto ciò che aveva resistito nei secoli fu il terremoto del 1980, che rase al suolo l’antica Laviano, castello compreso.

Dopo la ricostruzione del paese, nel 2004 fu avviato anche un poderoso intervento di restauro e consolidamento antisismico della cittadella fortificata, che ha consentito di recuperarne il perimetro trapezoidale, le torri angolari, i fossati e i ponti di accesso all’esterno e, all’interno, l’ampia corte con il pozzo e una parte degli edifici originari. Così, nel 2008, è stato possibile aprire al pubblico il monumento, dove una serie di cartelli informativi spiega la storia e la vita dell’antica Laviano, riprodotta in scala in un plastico. Non manca un’esposizione di attrezzi antichi, perlopiù legati all’attività agricola.

All’uscita dal castello, a pochi passi, superata una scalinata un po’ ripida, si può fare l’esperienza di camminare su un Ponte Tibetano lungo un centinaio di metri, sospeso ad un’altezza di circa ottanta metri sull’orrido fascino del Vallone delle Conche. Il ponte metallico, ben integrato nel paesaggio, è ancorato alla roccia con cavi d’acciaio, che lo rendono sicuro per la fruizione anche da parte di bambini. Si entra in piccoli gruppi, al massimo di dieci persone, che hanno la possibilità di ammirare da una posizione eccezionale la gola sottostante e il paesaggio tutt’intorno, entrambi di grande fascino e bellezza.

Dal castello e dal ponte ci si può immettere nei numerosi sentieri che s’inoltrano nei fitti boschi dell’oasi dell’Eremita-Marzano gestita dal Wwf. Nel pittoresco Vallone delle Conche, percorso da un torrente, è possibile praticare il torrentismo, noto anche come canyoning.