Il marchese di Pescara Francesco Ferrante, figlio di Alfonso II d’Avalos, nacque a Napoli nel 1490. Rimasto orfano giovanissimo, fu amorevolmente cresciuto sull’isola dalla zia Costanza, governatrice della Città d’Ischia, tra i protagonisti della storia del Regno di Napoli in quell’epoca di grandi contrasti tra Spagnoli e Francesi per il controllo dell’Italia meridionale.
Fu Costanza a firmare nel 1507 i patti matrimoniali tra il nipote Ferrante e Vittoria Colonna, che rafforzavano l’alleanza tra l’antico casato romano e gli Aragonesi di Napoli. Il matrimonio tra i due giovani si celebrò sul Castello d’Ischia il 27 dicembre 1509. Ma le armi richiamarono presto lontano dall’isola Ferrante, comandante tra i più valorosi dell’esercito spagnolo impegnato nelle campagne in Italia contro i Francesi. Nel 1512, al comando di un reparto di cavalleria partecipò alla battaglia di Ravenna, dove fu ferito e fatto prigioniero. Grazie ai buoni uffici del comandante dell’esercito francese Gian Giacomo Trivulzio, pagando un cospicuo riscatto, riottenne la libertà alla fine della guerra. Nel 1513 già era di nuovo in prima fila nella battaglia di Vicenza e il 29 aprile 1522 fu l’artefice dell’importante vittoria spagnola alla Bicocca, vicino Milano. Ciò nonostante fu Prospero Colonna, zio di Vittoria, ad essere nominato comandante dell’esercito in Italia dall’imperatore Carlo V, che Ferrante andò ad incontrare personalmente a Valladolid, in Spagna, per manifestargli la sua delusione. Tuttavia, rimase fedele alla corona di Spagna e nel 1524, alla calata di Francesco I in Italia, fu chiamato a guidare l’armata spagnola come luogotenente dell’imperatore. Fiducia che Ferrante seppe onorare durante l’assedio di Pavia e ancor più nella battaglia decisiva, che grazie alla sua brillante strategia, consegnò la vittoria agli Spagnoli il 24 febbraio 1525, mentre il re di Francia fu fatto prigioniero. Subito dopo, a Ferrante arrivò la proposta del duca di Milano di mettere insieme un’armata per scacciare tutti gli eserciti stranieri, compreso quello spagnolo, dall’Italia.
Ma il marchese di Pescara, anche consigliato dalla saggia moglie Vittoria, svelò la trama all’imperatore e fece imprigionare il mediatore. Le ferite riportate a Pavia avevano però fortemente minato la sua salute e, a pochi giorni dalla sua nomina a governatore di Milano, morì di tisi il 3 dicembre 1525.
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